Quando si discute di democrazia si tende spesso a confondere le riflessioni ideali, sul piano filosofico, con la realizzazione concreta, per così dire “in carne e ossa”. Quella realtà a cui si riferiva lo statista britannico Winston Churchill quando coniò il folgorante aforisma secondo cui “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”.
La democrazia è per molti versi una realtà multiforme, se si considera che gli stessi principi democratici hanno dato vita, in paesi diversi, a forme di governo anche significativamente diverse tra loro.
È chiaro perciò che per intendersi occorre compiere un notevole sforzo di chiarezza, se non si vuole correre il rischio – come si è visto spesso negli ultimi anni nel dibattito politico non solo in Italia – di contribuire a creare opposti schieramenti. Nei casi estremi, queste fazioni contrapposte finiscono per trasformare anche gli alti ideali in slogan da usare non per dialogare e discutere tra concittadini ma per delegittimare e sconfiggere quello che di volta in volta viene visto come l’avversario.
Con la scienza sta accadendo in anni recenti un fenomeno di questo tipo. “La scienza è un sistema di conoscenza democratico che ha permesso di migliorare notevolmente la vita umana” ha scritto Sergio Della Sala, autorevole neuroscienziato da tempo impegnato nella divulgazione scientifica attraverso il CICAP, il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze. Anche la scienza, in effetti, si ispira idealmente a principi semplici, che poi trovano applicazioni anche molto diverse secondo il quesito a cui i ricercatori cercano di rispondere, secondo il tipo di fenomeno che cercano di indagare.
Nelle accese polemiche che in corso di pandemia si sono susseguite – per esempio su temi “caldi” come vaccinazioni, mascherine e distanziamento sociale – la tendenza alla cosiddetta “polarizzazione” delle posizioni ha spinto molti politici, commentatori, giornalisti, cittadini e persino scienziati a fare spesso un uso distorto dei nuovi elementi di conoscenza faticosamente acquisiti dalla scienza.
Anche sulla relazione tra scienza e democrazia, la discussione pubblica ha spesso preso la forma della battaglia senza quartiere, in cui nell’intento di difendere la scienza dagli innumerevoli attacchi – spesso eccessivi e ingiusti – a cui è stata esposta da parte di oppositori di ogni tipo, in tanti hanno affermato sbrigativamente che “la scienza non è democratica”.
Il senso di questa affermazione è in gran parte condivisibile: non è con il voto popolare che si può decidere se un virus è più o meno, o se un vaccino è più o meno efficace, e in fondo che cosa è scientifico e che cosa non lo è. Ma si tratta di un eccesso di semplificazione, che può avere – e in effetti sta avendo – effetti dannosi per la scienza e per la democrazia.
L’affermazione delle moderne democrazie è infatti andata di pari passo con la progressiva affermazione della scienza, e non per caso. “La dilatazione della scienza non è avvenuta nel vuoto. Non si è accompagnata soltanto alla diffusione pervasiva della tecnologia biologica, sanitaria, informatica. Si è accompagnata, a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti, anche alla dilatazione del patrimonio giuridico del soggetto e quindi alla espansione del sistema dei doveri pertinenti agli Stati e alle agenzie pubbliche” ha scritto il filosofo Umberto Cerroni. “Quel patrimonio oggi appartiene formalmente a tutti, uomini e donne, bambini e adulti, minori e anziani, bianchi e colorati, atei, cristiani, indù. Esso ha dimensioni tali che si può ben parlare di una globalizzazione politico-giuridica. Tanto più sorprende la scarsa consapevolezza che tutti abbiamo – compresi gli specialisti – della imponenza assunta dal diritto. Si aggiunga che proprio nel ventesimo secolo, a fianco di questa espansione dei diritti e della loro tutela internazionale si è anche avuta una forte crescita delle scienze sociali e umane: non solo della scienza giuridica, ma della scienza politica, della economia, della psicologia, della antropologia, della sociologia. Questa straordinaria espansione ha consentito di riprendere su basi più ampie e sviluppare importanti temi connessi con il rapporto fra scienza, morale e diritto. Si tratta, per intendersi, dei temi su cui nel lontano passato avevano dominato filosofia e teologia e sui quali aveva lavorato criticamente il pensiero moderno” proseguiva Cerroni, in una relazione tenuta nel 1999 all’Istituto Superiore di Sanità a Roma, invitando a perseguire “una più profonda comunicazione e integrazione fra ricerca scientifica e cultura democratica sia nel senso che la ricerca deve recepire le domande di benessere, dignità e felicità che salgono dalle grandi masse dei ‘nuovi arrivati’, sia nel senso che quelle domande debbono organizzarsi nel quadro della moderna civiltà democratica e del fondamentale rispetto della scienza”.
L’obiettivo di queste pagine, e di questo progetto, è proprio di mettere in luce non solo la natura intrinsecamente democratica della scienza, ma il fatto che scienza e democrazia hanno bisogno l’una dell’altra per trovare un’applicazione pratica quanto più vicina possibile ai rispettivi ideali. Anche con l’aiuto dei cittadini desiderosi di acquisire ed esercitare appieno i propri diritti-doveri di “cittadinanza scientifica”.
nota: L’articolo di Sergio Della Sala descrive uno dei problemi che affligge la produzione scientifica contemporanea, e rischia di comprometterne l’affidabilità: la proliferazione di riviste – definite “predatorie” – che pubblicano articoli scientifici senza verificare in alcun modo la loro attendibilità, per lucro. A questo e ad altri problemi che hanno spinto la comunità scientifica internazionale a mobilitarsi in cerca di rimedi efficaci, accenneremo anche in altre parti di questo sito.